La straordinaria eredità del grande Tito Schipa: dal reggae alla pizzica, dal jazz al rock, dall’elettronica al cantautorato, la scena musicale salentina attinge dalla tradizione ma è costantemente aperta al futuro, tanto nel mainstream quanto nell’underground.

Secondo gli antichi greci, l’anima è come una lira: basta sfiorare le corde giuste per creare una melodia, smuovere emozioni e sentimenti. Come infinita è la diversità tra gli esseri umani, infinita sarà la varietà delle melodie in grado di toccarli intimamente: i cosiddetti “tropi dell’anima”.
Questa capacità catartica viene addirittura enfatizzata da Schopenhauer, per il quale la musica è un’arte supremamente collettiva, capace di unire le persone e cementarne i legami.
La musica, dunque, è quel prodotto dell’ingegno umano che meglio riesce a esprimere la complessità dei sentimenti, traducendo in note esperienze, sofferenze, emozioni e speranze, tanto individuali quanto collettive.

Quando si parla di musica in Salento, viene naturale l’associazione mentale alla pizzica e alle sue danze sfrenate. Ma l’anima dei salentini è una lira molto più complessa e ha sviluppato nei secoli sonorità di vario genere e di varia provenienza, spesso esprimendo nella musica lo stesso eclettismo che caratterizza la sua cultura che tanto deve all’influenza dei molti popoli che l’hanno attraversata nella sua storia millenaria. «Simu salentini te lu munnu cittadini, radicati alli messapi, cu li greci e bizantini» («Siamo salentini, cittadini del mondo, radicati a messapi, greci e bizantini») cantano i Sud Sound System ne Le radici ca tieni (Le radici che hai), brano diventato inno della salentinità, connotandola definitivamente come terra dalle forti sfumature reggae.

Sin dalla fine degli anni ’80, infatti, i Sud Sound System hanno mescolato le vibrazioni giamaicane ai ritmi della pizzica locale, diventando pionieri della musica raggamuffin italiana cantata in dialetto. Un successo clamoroso che ha contribuito a identificare il Salento come “la Giamaica d’Europa”, ispirando una nutrita generazione di artisti locali che hanno ulteriormente alimentato tale movimento. Il moltiplicarsi di regole e restrizioni che regolano l’industria dell’entertainment sta progressivamente soffocando una cultura – quella dei sound system, ovvero gli imponenti muri di casse autocostruite che amplificano la musica nelle serate reggae – che ha sempre fatto dell’auto-organizzazione “dal basso” la sua forza e che non sempre trova negli spazi pubblici una naturale collocazione. Ciononostante, in Salento esistono ancora oggi ben 24 sound system (in media uno ogni 60mila abitanti circa: si pensi, ad esempio, che sommando tutte le regioni del Nord Ovest italiano se ne contano in totale 21) che propongono le loro performance nella scena musicale underground in autonomia oppure in maniera unitaria, com’è stato il caso dell’iniziativa chiamata appunto “Salento Bass Conference”.

Come detto, però, sono tanti i tropi che smuovono le corde dell’anima musicale salentina. E se alcuni musicisti mainstream provengono dal contesto reggae risultando in qualche modo “figli” dei Sud Sound System – come ad esempio Boomdabash e Aprés la Classe – molti altri provengono da percorsi diversi: Negramaro, Emma Marrone, Alessandra Amoroso e Dolcenera rappresentano la punta dell’iceberg dello spirito rock, indie, pop e cantautoriale che si può trovare in questo triangolo di terra compreso tra il Mare Ionio e l’Adriatico che d’estate diventa un palcoscenico ambito e caldissimo. Piazze, location storiche e discoteche si riempiono e tantissime band e disc-jockey della scena locale che in inverno creano e producono tonnellate di musica, nei mesi estivi hanno la possibilità di farsi sentire da un pubblico immenso e mondiale.

Festival alternativi e d’avanguardia come il “SEI – Sud Est Indipendente” nel castello cinquecentesco di Corigliano d’Otranto situato a soli 15 minuti da Don Totu; club music che popola entrambe le riviere con Malè, Guendalina, BluBay o Gibò sulla “East Coast” adriatica oppure Praya, Riobò, Quartiere Latino o Casablanca sulla “West Coast” ionica; fino ad arrivare alla musica leggera dei celebri Al Bano Carrisi o Franco Simone, il Salento non disdegna alcun tipo di colonna sonora, finanche quella più impegnata. La scena jazz, infatti, svolge un ruolo preminente nella cultura musicale del territorio, che nel dopoguerra si fece “sfuggire” il talento dell’esule Nicola Arigliano. Da allora, sono tantissimi i locali che danno spazio a jam session e jazz band, allietando le serate – e talvolta anche le nottate – dei molti avventori in cerca di relax e strumentisti di qualità.

Una ricchezza artistica che dimostra quanto la musica salentina sia viva e in fermento e che probabilmente deve la sua fertilità a colui che prima di tutti è assurto da questa penisola ai palcoscenici di tutto il mondo: Tito Schipa, l’Usignolo di Lecce. Nato a Lecce nel 1888, Schipa è considerato uno dei più grandi tenori della storia dell’opera ed è unanimemente riconosciuto come uno dei personaggi che più hanno dato lustro a questa terra. La sua voce, infatti, risuona tutti i giorni a mezzogiorno dagli altoparlanti della centralissima Piazza Sant’Oronzo di Lecce: come il rintocco di una campana laica, le arie più note del suo vastissimo repertorio vengono diffuse in omaggio ad un artista che ha portato il nome del Salento in giro per i più importanti teatri del pianeta, travalicando anche i confini della Guerra Fredda.

La sua eredità resta non solo nelle intitolazioni come il Conservatorio di Lecce o il Teatro di Gallipoli, ma anche nel lascito musicale di cui ancora oggi si nutrono molti artisti contemporanei del Salento, tra cui non si possono non citare due autrici poliedriche e impegnate come Francesca Perrotta e Carolina Bubbico. 
Dal Conservatorio Tito Schipa, infatti, proviene Francesca Perrotta, direttrice musicale leccese dell’Orchestra Olimpia, ensemble sinfonico completamente femminile con il quale opera per promuovere la professionalità di genere insieme alla divulgazione delle opere di compositrici donne. È lei che, su invito mirato del Quirinale, ha diretto il concerto in cartellone per la rassegna I concerti del Quirinale dopo aver aperto la cerimonia di inaugurazione di “Pesaro capitale della cultura italiana 2024” alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella.
Carolina Bubbico, invece, vanta il primato di essere stata nel 2015 la più giovane arrangiatrice e direttrice d’orchestra che abbia mai calcato il palco del Festival di Sanremo dirigendo Il Volo, poi vincitori di quell’edizione. Leccese classe 1990, Bubbico è anche polistrumentista, compositrice e cantante concentrata sulla sperimentazione e sulla mescolanza di generi e linguaggi musicali diversi, dall’incedere jazz al canto pop, materia di cui è attualmente docente proprio presso il Conservatorio Tito Schipa.

Da Schipa a Schipa, uno straordinario cerchio che si chiude e che racchiude mondi musicali apparentemente lontanissimi come il reggae e la pizzica, la lirica e l’elettronica, il rock e il jazz.
Una vivacità della scena riflesso di una cultura a sua volta caleidoscopica che non volta le spalle alla tradizione ma, anzi, cerca in essa continuamente ispirazione per arricchire attraverso gli antichi saperi le sonorità e i generi più moderni.
Una musica quindi orgogliosa del passato, che prova a proteggere e a diffondere, ma anche aperta al futuro come da sempre attitudine di una penisola scoperta su entrambi i fianchi e che, nel bene e nel male, conquista e si lascia conquistare.